Val Grande
Un alpe- paese, incredibile transumanza.
Colloro-Bocchetta dell’Usciolo- A.Quagiui-Borgo delle Valli ( pernottamento )
A.Val Gabbio-A.Serena-La Colma-Colloro.
Gita effettuata il 20 e 21 Settembre 2003 accompagnati dalla guida del Parco Val Grande Marco Barbetta
Con il mio inseparabile compagno di tante stupende camminate,nonché carissimo amico Claudio,da tempo avevamo programmato di partecipare all’escursione guidata elencata nel programma del Parco Valgrande.Avuta conferma che le condizioni meteo erano favorevoli,e che sarebbe stato un magnifico fine settimana,ci siamo affrettati a confermare la nostra adesione alla gita in programma nei giorni di sabato 20 e domenica 21 Settembre.
Alle ore 6 e 45 ( come concordato in precedenza ) il mio socio passa puntualmente a prendermi sotto casa e diamo così inizio alla nostra avventura wilderness.
Alle ore 7 e 45 siamo al punto di ritrovo convenuto e iniziamo a fare conoscenza con gli altri partecipanti,che nel frattempo arrivano e si aggregano al gruppo.Arriva anche Marco ,dopo l’appello fatto ,ci contiamo e siamo in 8 partecipanti,diamo così inizio a quella che ci auguriamo possa essere una magnifica gita in una zona molto selvaggia e oramai non più frequentata se non da qualche esperto conoscitore della valle che ancora frequenta per motivi di caccia o pesca.
Saliamo in auto fino alla diramazione per Capraga e parcheggiamo nei pressi del bacino della “Società cooperativa elettrica Pro Colloro” che dal 1929 fornisce energia ai soci nei Comuni di Premosello e Vogogna.Il ns.accompagnatore Marco, carica tutti gli zaini sulla sua potente,nonché provvidenziale Panda 4x4 e li trasporta fino all’alpe La Piana 999 mt. (quercia ultrasecolare ),da dove fa poi la spola trasportando man mano tutti noi ed evitandoci così di fare a piedi un buon tratto di strada asfaltata.Al termine della strada si sale in breve alle baite dell’alpeggio per proseguire su buon sentiero che in breve porta al nucleo di case dell’alpe La Motta (m 1139 ).
Il sentiero prosegue e scende ad attraversare il Rio Motto che scende dal Pizzo della Rossola,per poi risalire ed attraversare il Rio Crott che scende al centro dell’anfiteatro alla cui sommità si trova la Colma di Premosello.Poco oltre,sulla sinistra, ha inizio il sentiero che con una ripida ascesa conduce all’alpe Stavelli(mt.1493)dove un pugno di baite ristrutturate,sembrano stare in precario equilibrio su uno scivolo d’erba che precipita dalla Colma.
Qui una bella fontana,ci permette di dissetarci e di provvedere a far provvista d’acqua per il successivo tratto di percorso che sarà completamente privo di questo prezioso liquido,vista anche l’elevata temperatura della giornata.
Dietro le baite di Stavelli,inizia il sentierino che piegando a sinistra si inerpica lungo il fianco della montagna e che in alcuni tratti sembra precipitare sulla sottostante Alpe La Motta.In continua e costante salita il sentiero si fa ad un tratto a tornanti su dei piccoli muretti che portano ad una selletta,poi una nuova salita e si raggiunge la Bocchetta dell’Usciolo (mt.1881. che si apre tra il Pizzo della Rossola e il M.te di Grassino ) che unitamente alla Colma, rappresentano le due vie di accesso alla Val Grande dal versante di Premosello. Qui uno dei ns.compagni di avventura desiste dal continuare e abbandona causa crampi alle gambe che gli derivano dal riacutizzarsi di dolori dovuti ad una caduta in montagna.
Restiamo così in 8 e ci accingiamo a consumare il pranzo,accomodandoci in bocchetta,uno stretto intaglio che da un lato precipita su Premosello mentre dall’altro c’è la valle e la vista spazia in Val Grande presentandoci l’Alpe Quagiui ( mt. 1563 ) situato in un ampio fornale dell’alta Val Gabbio immediatamente sotto di noi.L’alpe Quagiui era uno degli alpeggi maggiori della Val Grande:prati pianeggianti,una quarantina di rustici posti ai margini inferiori del terrazzo.Solo qualcuna ha ancora il tetto integro. Quagiui è davvero un grande alpe,non sembra nemmeno un alpe di Val Grande.Per quei tempi e per quei luoghi era veramente un paesino con una capacità di carico di oltre 100 bovini e molte centinaia di capre.Veniva caricato da 7-8 famiglie che lavoravano in comune il latte,suddividendosi proporzionalmente i prodotti in funzione del latte conferito.
Dalla bocchetta la vista spazia dalla punta Pozzolo al Mottac mentre proprio davanti a noi è situato l’Alpe Oro delle Giavine.Dopo esserci rifocillati,iniziamo a scendere lungo l’infido sentiero ( in ombra e con i sassi resi molto scivolosi dall’umidità ) che richiede attenzione fino a che non si esce al sole in terreno coperto da una enorme distesa di rododendri e mirtilli rossi. In questo tratto il sentiero non è molto visibile e ci si deve aiutare con i rari ometti messi ad indicare il percorso da seguire.Puntare alle ultime baite dell’Alpe dal quale guardando a destra è ben visibile l’Alpe Cortevecchia ( Curvècc) mentre a sinistra si notano delle costruzioni caratterizzate dal tetto a padiglione e che in caso di necessità possono costituire un punto di ricovero essendo l’interno di una di queste adattato a bivacco.Nel retro di questa,è interessante vedere con che maestria fossero state costruite una serie di prese d’aria per permettere la stagionatura del formaggio.
Dopo aver visitato quanto resta dello splendido alpeggio di Quagiui,ove all’interno di alcune casere sono ancora visibili le piode con incise delle canalette circolari ( “le spresùrie) che costituivano il piano di appoggio per le forme di formaggio messe sotto la pressa affinché scolassero il siero, il nostro cammino riprende.
Scendiamo leggermente sulla sinistra fino ad incontrare il sentiero che pulito di recente riporta i freschi segni di vernice rossa e bianca che ci confermano l’esattezza del percorso che seguiamo senza alcun indugio sino a raggiungere il fondo valle sul quale scorre il Rio di Ragozzale che guadiamo portandoci sulla sinistra orografica dello stesso,e proseguendo lungo il sentiero molto agibile dopo le recenti operazioni di pulizia e ripristino giungiamo in circa 40 minuti a Borgo delle Valli (mt.1115 ) luogo in cui è prevista la nostra sosta per la cena ed il pernottamento.
L’Alpe è costituito da alcune casere,due delle quali sono ancora in buono stato di conservazione,e che offrono la possibilità di pernottare costruendosi un giaciglio usufruendo del fieno ancora disponibile in loco ( fieno rimasto sul posto dopo l’abbandono dell’alpe,che presumibilmente ha una quarantina d’anni,ma che si presta molto bene a far da materasso e permette di trascorrere una notte alla meno peggio.Sinceramente ho dormito in condizioni peggiori. ) L’Alpe è situato in una posizione meravigliosa,davanti a quella che è la costruzione principale fa bella mostra di sé un monumentale faggio che, con le sue lussureggianti chiome, ombreggia l’area sulla quale è situato un simpatico spazio Pic Nic , realizzato utilizzando le pietre disponibili in loco e costituito da un tavolo con relative panche ed un camino che ci ha permesso di accendere il fuoco ( alla maniera dei trappers ) per preparare del tè che è stato molto gradito da tutti i partecipanti alla emozionante gita wilderness.Nei pressi scorre il Rio di Ragozzale che costituisce un’ottima provvista di acqua per le necessità dell’alpe stesso,nonché nostre ( lavaggio piatti e stoviglie,pulizia personale ).
Seduti sulla soglia della baita,di fronte a noi, svetta contro il limpido cielo il Rifugio della Bocchetta di Campo che il sole illumina fino all’ultimo raggio.Con questa immagine meravigliosa,ci apprestiamo a preparare la ns. cena che un provvidenziale minestrone in scatola rende quanto di più gustoso ed apprezzato ci possa essere in un contesto così spartano.Mi auguro che in queste situazioni,il mio buon amico Claudio porti sempre il fornellino e la pentola, io provvedo a cosa metterci dentro.Terminata la lauta cena e sbrigate le faccende domestiche,ci siamo radunati tutti davanti al fuoco per le quattro classiche chiacchiere,nell’intento di tirare l’ora per andare a dormire.
Nonostante sapessimo cosa ci aspettava,il buon Morfeo e la stanchezza hanno avuto il sopravvento su di noi,per cui ci siamo augurati una buona notte e ci siamo coricati in quel letto di fieno stagionato. Dopo aver mentalmente fatto il riassunto della giornata e rivolto il pensiero a chi altri avrebbe potuto essere della ns. compagnia,ci siamo rinchiusi dentro i ns. sacchi a pelo chiudendo gli occhi nella speranza di riuscire a dormire.Ad onor del vero,non è poi stata una notte così insonne a tratti siamo, chi più chi meno, anche riusciti a dormire,qualcuno anche a russare,sta di fatto che ci siamo ritrovati al mattino tutti rinfrancati e soddisfatti di come avevamo trascorso la notte,e pronti ad affrontare le fatiche che avremmo dovuto sostenere per ritornare alla ns. civiltà, riemergendo dal profondo dell’aspra Val Grande.
Dopo una colazione alla Trappers,ci siamo ricaricati gli zaini e abbiamo iniziato a camminare per il secondo giorno come da programma.Il sentiero sempre ben segnato e riordinato,entra in uno stupendo bosco di faggi,alcuni di notevoli dimensioni,e costeggiando il fiume con innumerevoli sali scendi,giunge ad una lanca nei pressi della quale sostiamo per ammirare una forra scavata nei secoli dal lento scorrere delle acque valgrandine.
Ripreso il cammino,giungiamo in breve ( circa 40 minuti da Borgo delle Valli )al bivacco dell’alpe “ Val Gabbio di sopra “ dove una bella baita completamente ristrutturata e attrezzata offre un confortevole ricovero per la notte essendo dotata di 6 posti letto,focolare,stoviglie e luce interna ( fornita da pannelli fotovoltaici ). Il cortile esterno,lastricato di piode e con un bel tavolo di pietra,offre un ambiente armonico per piacevoli serate ascoltando la notte intorno ad un bel fuoco acceso sempre con le dovute precauzioni.Noi abbiamo trovato il fuoco lasciato acceso all’interno da chi aveva nella notte pernottato e che abbiamo provveduto a spegnere.Dal bivacco si attraversa il fiume e si risale un ripido canale che passando accanto a dei ruderi di baite,immette in uno scosceso bosco di faggi e con veloci tornanti in ripida salita si guadagna rapidamente quota per arrivare sulla sella della Colletta ( mt.1270 ) .Da qui si procede con piacevole camminata in leggera discesa sino a raggiungere il fiume che si guada per poi risalire brevemente all’alpe Serena ( mt. 1320 ).
Una decina di rustici al centro di pascoli abbandonati invasi da cespugli di mirtilli e rododendri,era un alpeggio importante in grado di sopportare il pascolo di 90 bovini adulti ( fù abbandonato definitivamente nel 1969 dall’ultimo pastore Paulin Primatesta ). Il sentiero prosegue direttamente sopra i rustici dell’alpeggio,traversa di nuovo il torrente per poi risalire con veloci tornanti sul ripido pendio,arrivando,alla Colma di Premosello (mt.1728 ),la ” porta occidentale” della Val Grande,dove il Parco ha ristrutturato in modo splendido una casera adibita a bivacco con i dormitorio nella parte superiore e,locale cucina (attrezzato con tanto di stufa e legna )sempre aperta e a disposizione degli escursionisti.
Qui riemerge dal fondo dello zaino di Claudio il fornellino con tanto di pentola,e in un quarto d’ora ci prepariamo una pasta asciutta che placa le lamentele dei ns. stomaci.Non c’è che dire siamo veramente organizzati,ci permettiamo anche il caffè.Ma non doveva essere una gita wilderness? Riposto di nuovo il ns. armamentario negli zaini,comunque sempre pesanti,ci apprestiamo a scendere. Dalla Colma il sentiero scende ripido sul versante di Premosello perdendo rapidamente quota,lascia a destra la traccia che in piano conduce all’Alpe Stavelli ben visibile sul ripidissimo versante opposto e qui ci soffermiamo ricordando il percorso fatto il giorno prima in salita e chiedendoci se siamo completamente sani di mente.
Il sentiero entra nella faggeta e si arriva al Fò di nòm,un gigantesco faggio con incisi i nomi di pastori che frequentavano la zona.Il sentiero guada quindi due torrentelli e risale brevemente all’alpe Motta ( mt. 1139 ). Da qui si scende all’alpe La Piana ( mt. 999 ) da cui si sbuca sulla strada percorsa il giorno prima e dove fortunatamente la ns. bravissima guida Marco ha lasciato l’auto e provvede ad effettuare il servizio di trasporto zaini prima e persone poi,ci ritroviamo al punto di partenza dove ci salutiamo augurandoci di incontrarci di nuovo chissà mai su qualche altro sentiero della splendida Val Grande e magari accompagnati da Marco che ci ha fatto trascorrere due splendide giornate in un ambiente selvaggio ed austero mettendo ognuno di noi a proprio agio, rassicurandoci e accompagnando i ns. passi sul percorso a lui ben noto.
Io e Claudio,risaliti in auto diretti verso casa,abbiamo cominciato a fantasticare su quanto si potrebbe di nuovo fare in futuro.Sembra incredibile,abbiamo appena tolto gli scarponi e già stiamo parlando della prossima gita,magari di nuovo in Val Grande.Sì la Bocchetta di Campo merita una nuova visita,l’immagine del rifugio acceso dagli ultimi riflessi del sole, rimane impressa nell’archivio della mente più che in quello delle foto. Inoltre da lassù saremmo ora in grado di individuare il Borgo,e poi Tiziano non è potuto essere dei nostri in quanto sta lavorando proprio alla risistemazione del sentiero che sale da Scaredi.Penso proprio che ritorneremo in questa splendida,aspra valle.
Lo scrittore verbanese Nino Chiovini, raccogliendo le testimonianze orali e interpretando i sentimenti degli alpigiani che operarono entro questa valle,ha scritto nel 1991 “ Mal di Valgrande “.
Forse questo male ha contagiato anche noi.