Accesso stradale:
Percorrere la A 26 sino a Gravellona Toce, proseguire
sulla S.S.33 del Sempione sino all’uscita per Crodo. Di
qui si imbocca la SS 659 delle valli Antigorio e
Formazza
fino a Baceno. Parcheggio libero in Piazza Aldo Moro
(all’inizio della borgata di fronte alla farmacia
Marinone, vietato il mercoledì per mercato).
Dopo la gita fatta nel 2017 ritorniamo a visitare gli
Orridi, partendo questa volta da Baceno, effettuando una
escursione più corta che va benissimo: per ricominciare
a muovere le gambe dopo un lungo periodo di inattività e
per ritrovarsi con gli amici di Anzola che per vari
motivi non si vedevano da tempo. La visita agli orridi è
una facile e piacevole escursione che ci porterà a
scoprire la storia geologica delle Alpi e le tracce
lasciate dai grandi ghiacciai alpini, quando diverse
migliaia di anni fa arrivavano fino al limite della
Pianura Padana. Una passeggiata che dà la possibilità di
ammirare uno spettacolo unico nel suo genere: un parco
glaciologico di rara bellezza fatto di forre, orridi e
tortuosi meandri di roccia dovuti all’enorme lavoro
compiuto dalla lenta erosione fluviale ai tempi delle
glaciazioni. Uno strabiliante spettacolo della natura
che, con un lunghissimo lavoro di erosione del
ghiacciaio che ricopriva queste zone, ha modellato le
cavità sotterranee in cui scorrevano le acque di
fusione. La visita agli orridi la si può effettuare
partendo anche da Verampio o da Premia, il punto più
lontano e che prevede un itinerario di più lunga
percorrenza. Dal
parcheggio
saliamo fino alla
Chiesa di San Gaudenzio,
Monumento Storico Nazionale le cui origini risalgono al
secolo XI, riservandoci di visitarla al ritorno. Ci
incamminiamo lungo la mulattiera in parte lastricata e
in parte scavata nella viva roccia che
prende avvio sul lato sinistro della chiesa,
costeggiando in discesa la parete rocciosa
su cui sorge la chiesa. Passati al di sotto delle
impressionanti arcate di pietra che reggono l’imponente
struttura, percorriamo la mulattiera fino alla piana di
Verampio per poi dirigerci a sinistra su pista sterrata
e raggiungere
Maiesso ed
il relativo
ponte.
Qui si osservano le spettacolari e suggestive forme
erosive circolari delle
Marmitte dei Giganti,
dovute all’azione vorticosa dei torrenti subglaciali.
In questo punto le acque di scioglimento dell’antico
ghiaccio del Toce si sono riunite formando correnti e
vortici che hanno scavato la roccia fino a erodere e
rendere visibile il
nucleo più profondo della catena alpina,
detto
“Elemento
0”,
il basamento più antico su cui si è formata la complessa
architettura di questa parte dell'arco alpino, un
tassello di storia geologica delle Alpi. Questo
affioramento roccioso, (in pratica “ il cuore
geologico delle Alpi Lepontine”)
presenta una caratteristica forma a cupola, tanto che
viene definito “Cupola di Verampio” e lo si osserva
molto comodamente dal ponte che attraversa il Toce.
Osservato questo interessante fenomeno geologico, senza
attraversare il ponte si prosegue ancora sulla pista
fino
all’ingresso
dell’Orrido Sud:
lungo oltre 200 metri, è attrezzato con
scale metalliche
e
pannelli esplicativi
che ne guidano la visita, profondo tra i 20 e i 30
metri, è una sequenza di suggestioni difficilmente
traducibili in parole. Anche se la località è chiamata
"Orrido di Uriezzo" dal nome della frazione omonima a
nordest del crepaccio, il luogo è chiamato dai locali
"Tomba d'Uriezzo". Il
fondo roccioso
non è sempre visibile poiché spesso coperto da uno
strato di terriccio e di materiale alluvionale. Superato
l’Orrido Sud la strada continua fino al piccolo
Oratorio dedicato alla Beata Vergine del Monte Carmelo e
a Santa Lucia,
costruito tra il 1662 e il 1663, dalle 15 famiglie che
componevano la piccola comunità di Uriezzo come
ringraziamento per essere sopravvissuti alla pestilenza
che colpì l'Ossola nel 1513.
Dopo la visita al grazioso Oratorio si riprende
nuovamente la mulattiera per Baceno e si fa ritorno alla
Chiesa Monumentale di San Gaudenzio
che si identifica come
uno dei simboli religiosi più importanti
e ricchi di fascino dell’intero
Alto Piemonte.
La chiesa svetta su uno sperone di roccia
e sull’esterno campeggia il gigantesco affresco del 1542
raffigurante l’immagine di San Cristoforo che porta il
Cristo Bambino. Dopo aver osservato la facciata romanica
in pietra locale, il rosone che sovrasta il portale
centrale e i vari ampliamenti successivi alla data di
costruzione, entriamo per visitarla. All’interno si
evidenzia l’ampiezza della chiesa basilicale a cinque
navate, divise fra loro da quattro serie di diverse
colonne.
Il pavimento in notevole salita è formato da lastroni di
serizzo.
Il dislivello fra l’inizio della navata e la base dei
gradini del presbiterio è di circa 90 centimetri. Dopo
aver visitato il
giardino glaciale dell’Ossola e la Chiesa Monumentale di
Baceno, ritorniamo al parcheggio da cui risaliamo in
auto per raggiungere il
ristorante Cistella
a Croveo dove, formando
una bella tavolata,
consumeremo il nostro pranzo. Al termine chiediamo se
fosse possibile visitare l’antico torchio e, molto
gentilmente, Veronica si offre di accompagnarci
facendoci da guida. Per raggiungere il locale che
conserva il torchio, abbiamo occasione di attraversare
la
caratteristica borgata, superiamo
la parrocchiale,
edificata nel
1621 e dedicata alla Natività di Maria Vergine, una
chiesa dal disegno molto semplice, con una bella porta
in legno intarsiato datata 1650. Sul sagrato della
chiesa è posto il monumento a Don Amedeo Ruscetta, prete
viperaio di Croveo (in quel punto teneva lezioni di
cattura dei rettili che venivano poi inviati ad istituti
sieroterapici per l'estrazione del veleno). Superiamo la
“la casa del Cappellano”
la robusta costruzione risalente al 1607 che dopo un
accurato restauro è diventata la sede di un museo
dedicato all’arte sacra e alla civiltà contadina,
intitolato a Don Amedeo Ruscetta.
La simpaticissima e cordiale Veronica
ci fa strada e raggiungiamo il caseggiato in cui è
custodito il vecchio torchio a leva di tipo
“piemontese”. L’edificio in pietra si presenta,
completamente
addossato ad un grande masso di frana
che costituisce una delle pareti del fabbricato. La
nostra accompagnatrice ci illustra, con dovizia di
particolari e competenza, le caratteristiche del
torchio, e la funzione oltre che del torchio anche della
macina
presente all’interno dell’edificio. Il torchio infatti
serviva a pressare ciò che in precedenza era stato
macinato:
pere, mele, canapa in autunno, noci in inverno (dalle
quali si ricavava l’olio). In particolare era utilizzato
per la pressatura delle pere “ i pir ″, una varietà con
frutti a polpa dura, poco gradevoli al palato se
mangiati crudi. Queste piccole pere tondeggianti
venivano raccolte in avanzata stagione autunnale,
frantumate (anche miste a mele) e torchiate per oltre un
giorno. Il succo, lasciato fermentare, dava un vinello
dolce a bassa gradazione. Ringraziata Veronica per la
sua disponibilità e per la dovizia di particolari che ci
ha raccontato durante la visita, ritornando verso il
parcheggio incontriamo il
vecchio lavatoio
risalente al 1868 e terminiamo così la nostra visita
nella straordinaria conca di Baceno.
La splendida Chiesa Monumentale, le forre, il giardino
glaciale degli Orridi di Uriezzo, le marmitte e una
ottima compagnia, che ringrazio per avere incoraggiato
la mia ripresa, completano questa spettacolare
escursione tra storia e natura.
Link:
https://archeocarta.org/baceno-vb-chiesa/
https://erbabonavco.it/2021/04/07/1840/
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