Val Divedro

Le Frazioni alte di Crevoladossola

Partecipanti:
 Gita effettuata in data : 20-Aprile-2016                                                    

 Partenza da: Crevoladossola m.337
 Dislivello totale : m. 450
 Difficoltà : E
 Effettivo cammino h: 4,00

Come arrivarci: Percorrere la A26 sino a Gravellona Toce, proseguire sulla superstrada in  direzione Crevoladossola. Dall'uscita seguire la vecchia strada per  la Val Formazza e parcheggiare vicino al Municipio.

Il comune di Crevoladossola, famoso per le sue cave di marmo bianco, oltre al capoluogo  include cinque principali frazioni (Caddo, Preglia, Crevola, Oira, Pontemaglio), che a loro volta comprendono ben oltre 200 nuclei abitativi che affondano le proprie radici nel lontano passato, ognuna è caratterizzata da qualche particolarità e attrattiva. La nostra escursione odierna è rivolta a scoprire e visitare alcuni di questi nuclei abitativi, veri e propri musei all'aperto dell'architettura e della cultura rurale, dove ancora resistono tratti di vecchie mulattiere  e antiche abitazioni dai pesanti tetti in beola. Lasciata l’auto nel parcheggio adiacente al Comune, ci incamminiamo in direzione della Val Divedro seguendo per un tratto la strada asfaltata sino ad incontrare il cartello che indica la frazione di Villa Dell’Oro. Abbandoniamo la statale e iniziamo a risalire la ripida strada che sale alla località Lorgino. Qui ci soffermiamo per “ visitare ″ l’omonima cava di marmo dalla quale si estrae una dolomia bianca, definita impropriamente da sempre “ il marmo bianco di Crevola ”, molto noto non solo in Ossola. Il giacimento, sfruttato già al tempo dei romani, nei secoli ha fornito materiale da costruzione utilizzato  per realizzare il Duomo di Pavia nel XIV° secolo e per il colonnato e le statue dell’Arco della Pace di Milano. Osservati i giganteschi macchinari e le varie attività che si svolgono all’interno del grande anfiteatro da cui vengono estratti blocchi di grandi dimensioni, riprendiamo il cammino e raggiungiamo la piccola borgata di Pinone m. 467 dove visitiamo il piccolo Oratorio dei Santi Carlo, Rocco e Sebastiano che presenta sulla facciata una pregevole formella marmorea raffigurante la Vergine con il bambino. Proseguendo nel cammino, percorriamo la bella mulattiera che sale alla frazione di Enso m. 582, superata la cappelletta, scendiamo alla cava superiore dove incontriamo Ermanno, amico di Attilio, e Walter ( il capo cava ) che molto gentilmente ci fa da accompagnatore dandoci molte informazioni sulle attività che si svolgono in cava e sui mezzi utilizzati. Lasciamo l’immenso cantiere e ritornando sui nostri passi, raggiungiamo il piccolo Oratorio dedicato a San Bernardo e ci immettiamo fra le caratteristiche case di Enso e Simbo per tornare sulla strada asfaltata che seguiamo fino a che raggiungiamo l’area feste attrezzata dal Gruppo Alpini di Crevoladossola in località Scezza. In vista delle prime strutture, una larga pista, si inoltra sulla sinistra e, percorsi pochi metri volgendo ancora a sinistra un sentierino non segnalato, entra in una bella pineta e la risale giungendo in breve al Colle di Croppargino m. 713 che rappresenta la massima elevazione della giornata.  Qui, affacciato sulla valle Divedro, sorge l’Oratorio di Santa Croce edificato a partire dal 1838 sulla cui facciata un affresco raffigura S. Giulio che allontana i serpenti dal Lago d’Orta. Lasciamo il colle e scendiamo in direzione della frazione Simbo m. 658 che con le sue poche case sembra emergere da un mare verde, entriamo nel bosco dove aggirandoci fra i numerosi terrazzamenti troviamo la mulattiera che scende a raggiungere Cuslone, altro bellissimo borgo posto sotto la Colmine, e continuando sul sentiero che la vegetazione va man mano ricoprendo, perveniamo alla panoramica frazione di Cresto m. 550 dove ci rechiamo alla trattoria Scarparo. Qui ci attende la simpatica e cordiale Marianna che, precedentemente avvertita, ci ha preparato un pranzo a base di genuini prodotti tipici locali che caratterizzano ed esaltano la squisita cucina casalinga della trattoria. Al termine dell’abbondante pranzo a cui ha fatto seguito un caffè pieno di errori e quindi necessario di molte “ correzioni ″, ringraziamo e salutiamo la simpaticissima Marianna e, molto soddisfatti dall’ottimo rapporto qualità-prezzo, nostro malgrado abbandoniamo il locale per intraprendere la via del ritorno. Scendiamo seguendo le indicazioni per Castagnolo che raggiungiamo dopo aver superato il bacino di captazione dell’Enel che convoglia le acque alla sottostante centrale. Ritornati sulla strada asfaltata, in vista del cartello che indica la frazione di Ternaro, sulla sinistra scende un sentiero che in breve raggiunge la strada della Val Formazza, sbucando proprio davanti al Municipio dove abbiamo lasciato l’auto. Per completare la visita, scendiamo a visitare la Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, posta in posizione dominante sulla sottostante pianura ossolana. Come molte altre chiese oggi purtroppo è chiusa e quindi non possiamo ammirare il suo interno e le bellissime vetrate policrome, realizzate dalla bottega artigiana di Hans Funk ( uno dei più importanti vetrai Bernesi dell’epoca ), che giunsero a Crevola trasportate a dorso di mulo lungo la Via del Gries. Avendola già visitata nel corso di una precedente escursione, per nostra fortuna, ne conserviamo il ricordo e la documentazione fotografica. Non ci resta che recarci a visitare anche la vicina centrale Enel, un capolavoro di architettura industriale degli anni 20. Fu progettata dal famoso architetto Piero Portaluppi nel 1923 e fu completata nel 1925. La centrale, caratterizzata da una particolarissima torre a pagoda, fu realizzata nell’ambito del progetto di sfruttamento dell’energia idroelettrica che ha portato alla realizzazione in Ossola di numerose dighe e dei relativi impianti idroelettrici.  Siamo giunti al termine di questa bella escursione che ci ha dato modo di visitare i nuclei antichi collocati in posizioni soleggiate che, grazie al sapiente utilizzo della pietra come materiale privilegiato da costruzione, hanno conservato ancora in molte parti la loro integrità rimanendo a testimoniare il passato di una comunità agricola/montana che lentamente ha abbandonato il territorio per dedicarsi ad attività più redditizie.