Come arrivare: Da
Verbania si sale a Cambiasca e si prende a destra in
direzione Intragna e Aurano. Prima di raggiungere
Ramello, a sinistra si trova la deviazione per Caprezzo
che si raggiunge per poi proseguire lungo la strada
asfaltata che in circa 6 Km. si spinge fino alla
Cappella Porta.
Lasciata l’auto nello spiazzo sterrato, ci incamminiamo
lungo il sentiero che sfianca la cappella con la sua
area pic-nic
e seguiamo il sentiero contrassegnato dal segnavie N° 9
che si immette in un bel bosco e perviene alla località
Pian Trusello da dove, a sinistra, prende avvio il
tagliafuoco che conduce alla Cappella Fina. L’itinerario
è uno dei sentieri natura del Parco Nazionale della
Valgrande denominato: “
All’ombra degli abeti
”, lungo il percorso si incontrano dei pannelli
didattici che illustrano le varie forme di vita che si
sviluppano nell’abetaia. Superati i
ruderi dell’Alpe
Cornala,
salendo di quota, il sentiero ricalca il tracciato del
vecchio tagliafuoco e prosegue quasi pianeggiante
nell’ombrosa abetaia sino a raggiungere
la sorgente del Bui,
che con la sua
buonissima acqua
alimenta il rifugio del Pian Cavallone. Superata la
presa dell’acqua, ci portiamo sulla dorsale dove
incrociamo il sentiero che proviene da Sunfai e,
svoltando a sinistra risaliamo gli ultimi metri
che ci separano dal
rifugio.
Poco prima dell’ingresso al rifugio, è collocata una
bacheca
che illustra quanto un tempo fosse popolata la montagna
verbanese. Al rifugio troviamo gli amici
Franco
e Cesare intenti nei lavori di manutenzione e dopo i
saluti di rito, ci fanno accomodare all’interno dove una
bella stufa ha riscaldato l’ambiente e, nonostante la
giornata non sia particolarmente fredda, mangiare al
caldo è quanto di meglio possa esserci. Senza
complimenti ci mettiamo comodi e
seduti al tavolo
addentiamo i nostri panini. A tavola non si invecchia ma
il tempo passa e le giornate sono corte per cui
anche se molto a malincuore, lasciamo il confortevole
ambiente e ci portiamo all’esterno dove scattiamo la
foto ricordo
in compagnia degli amici e dopo averli ringraziati per
la cortese ospitalità, ci incamminiamo lungo il sentiero
che scende in direzione di Intragna. Superati diversi
avvallamenti e
alcuni tratti
rocciosi,
raggiungiamo
l’alpeggio di Sunfaì,
dove spesso siamo stati ospiti dell’amico Avio.
Continuiamo nel nostro cammino e, superata la roccia su
cui è collocata la sagoma dell’uomo
orante,
ci dirigiamo verso le
baite di Gabbio
dove,
in corrispondenza dell’ultima baita pieghiamo a destra e
rasentando la recinzione ci immettiamo in uno
stupendo bosco di
faggi.
Questo tratto di percorso è privo di segnaletica ed il
sentiero a tratti non risulta molto evidente per cui
bisogna prestare particolare attenzione alle insidiose
foglie che ricoprono il percorso per raggiungere le
baite del
corte di Steppio
m. 987 dove, fra tante baite in cattivo stato di
conservazione, alcune sono piacevolmente ristrutturate.
Proseguiamo nel bosco e valicato un ruscelletto,
raggiungiamo le
baite di Pechì,
il cammino prosegue e seguendo con attenzione la traccia
non sempre evidente, superiamo vari casolari sparsi che
sono oramai ridotti a ruderi e nel più totale abbandono
rendono triste anche l’ambiente circostante. Percorso un
altro tratto di sentiero, la sensazione di malinconia
che ci aveva assalito nel vedere le macerie di interi
casolari, viene immediatamente rimossa dalla vista di
una
rumoreggiante cascata
che ingentilisce la sottostante valletta in cui il Rio
di Niva stende il suo nastro d’argento. Superiamo il rio
e continuiamo lungo la traccia, completamente invasa dal
fogliame, che risale il versante della montagna per
raggiungere le baite dell’Alpe Fai nelle cui vicinanze
sorgono due ben conservati locali adibiti alla
conservazione del latte e dei suoi derivati. Continuiamo
a seguire le varie pieghe della montagna e dopo aver
superato alcuni corsi d’acqua, il bosco si fa ora
più luminoso e i monumentali faggi lasciano filtrare una
maggior quantità di luce, il sentiero prosegue fino a
sbucare sulla gippabile che percorsa per un breve
tratto, ci permette di raggiungere di nuovo
il piazzale da
cui eravamo partiti
(h
5,00).
Ripercorrendo a distanza di cinque anni
questa escursione che ci aveva permesso di conoscere un
versante poco frequentato e conosciuto in cui erano
ancora molto evidenti e leggibili le tracce della
storia, dobbiamo purtroppo riscontrare che il passare
del tempo, gli eventi atmosferici e l’inesorabile
abbandono dei pascoli hanno riconsegnato questi luoghi
allo spopolamento e alla solitudine cancellando quanto
l’uomo, a costo di enormi sacrifici, aveva creato per
sopravvivere.
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