Val Grande


 Anello di Caprezzo
 

Partecipanti:
 Gita effettuata in data:27-Gennaio-2016                                                    

 Partenza da:Cappella Porta m.974
 Dislivello totale: m.688
 Difficoltà: E
 Effettivo cammino h: 5,00

Come arrivare: Da Verbania si sale a Cambiasca e si prende a destra in direzione Intragna e Aurano. Prima di raggiungere Ramello, a sinistra si trova la deviazione per Caprezzo che si raggiunge per poi proseguire lungo la strada asfaltata che in circa 6 Km. si spinge fino alla Cappella Porta.

Lasciata l’auto nello spiazzo sterrato, ci incamminiamo lungo il sentiero che sfianca la cappella con la sua area pic-nic e seguiamo il sentiero contrassegnato dal segnavie N° 9 che si immette in un bel bosco e perviene alla località Pian Trusello da dove, a sinistra, prende avvio il tagliafuoco che conduce alla Cappella Fina. L’itinerario è uno dei sentieri natura del Parco Nazionale della Valgrande denominato: “ All’ombra degli abeti ”, lungo il percorso si incontrano dei pannelli didattici che illustrano le varie forme di vita che si sviluppano nell’abetaia. Superati i ruderi dell’Alpe Cornala, salendo di quota, il sentiero ricalca il tracciato del vecchio tagliafuoco e prosegue quasi pianeggiante nell’ombrosa abetaia sino a raggiungere la sorgente del Bui, che con la sua buonissima acqua alimenta il rifugio del Pian Cavallone. Superata la presa dell’acqua, ci portiamo sulla dorsale dove incrociamo il sentiero che proviene da Sunfai e, svoltando a sinistra  risaliamo gli ultimi metri che ci separano dal rifugio. Poco prima dell’ingresso al rifugio, è collocata una bacheca che illustra quanto un tempo fosse popolata la montagna verbanese. Al rifugio troviamo gli amici Franco e Cesare intenti nei lavori di manutenzione e dopo i saluti di rito, ci fanno accomodare all’interno dove una bella stufa ha riscaldato l’ambiente e, nonostante la giornata non sia particolarmente fredda, mangiare al caldo è quanto di meglio possa esserci. Senza complimenti ci mettiamo comodi e seduti al tavolo addentiamo i nostri panini. A tavola non si invecchia ma il tempo passa e le giornate sono corte per cui  anche se molto a malincuore, lasciamo il confortevole ambiente e ci portiamo all’esterno dove scattiamo la foto ricordo in compagnia degli amici e dopo averli ringraziati per la cortese ospitalità, ci incamminiamo lungo il sentiero che scende in direzione di Intragna. Superati diversi avvallamenti e alcuni tratti rocciosi, raggiungiamo l’alpeggio di Sunfaì, dove spesso siamo stati ospiti dell’amico Avio. Continuiamo nel nostro cammino e, superata la roccia su cui è collocata la sagoma dell’uomo orante, ci dirigiamo verso le baite di Gabbio dove, in corrispondenza dell’ultima baita pieghiamo a destra e rasentando la recinzione ci immettiamo in uno stupendo bosco di faggi. Questo tratto di percorso è privo di segnaletica ed il sentiero a tratti non risulta molto evidente per cui bisogna prestare particolare attenzione alle insidiose foglie che ricoprono il percorso per raggiungere le baite del corte di Steppio m. 987 dove, fra tante baite in cattivo stato di conservazione, alcune sono piacevolmente ristrutturate. Proseguiamo nel bosco e valicato un ruscelletto, raggiungiamo le baite di Pechì, il cammino prosegue e seguendo con attenzione la traccia non sempre evidente, superiamo vari casolari sparsi che  sono oramai ridotti a ruderi e nel più totale abbandono rendono triste anche l’ambiente circostante. Percorso un altro tratto di sentiero, la sensazione di malinconia che ci aveva assalito nel vedere le macerie di interi casolari, viene immediatamente rimossa dalla vista di una rumoreggiante cascata che ingentilisce la sottostante valletta in cui il Rio di Niva stende il suo nastro d’argento. Superiamo il rio e continuiamo lungo la traccia, completamente invasa dal fogliame, che risale il versante della montagna per raggiungere le baite dell’Alpe Fai nelle cui vicinanze sorgono due ben conservati locali adibiti alla conservazione del latte e dei suoi derivati. Continuiamo a seguire le varie pieghe della montagna e dopo aver superato alcuni corsi d’acqua,  il bosco si fa ora più luminoso e i monumentali faggi lasciano filtrare una maggior quantità di luce, il sentiero prosegue fino a sbucare sulla gippabile che percorsa per un breve tratto, ci permette di raggiungere di nuovo il piazzale  da cui eravamo partiti (h 5,00).

 

Ripercorrendo a distanza di cinque anni questa escursione che ci aveva permesso di conoscere un versante poco frequentato e conosciuto in cui erano ancora molto evidenti e leggibili le tracce della storia, dobbiamo purtroppo riscontrare che il passare del tempo, gli eventi atmosferici e l’inesorabile abbandono dei pascoli hanno riconsegnato questi luoghi allo spopolamento e alla solitudine cancellando quanto l’uomo, a costo di enormi sacrifici, aveva creato per sopravvivere.