Come arrivare:
Percorrendo la A 26 in direzione Sempione, si esce
a Verbania, superato il ponte sul Fiume Toce si svolta a
sinistra, direzione Mergozzo, dopo una stretta curva a
gomito, uno slargo sulla sinistra consente di
parcheggiare l'auto.
Pochi luoghi sintetizzano con immediatezza nel toponimo
che li contraddistingue la loro funzione e la loro
storia; il massiccio che si innalza isolato e solitario,
all’imbocco della Val d’Ossola, sopra la pianura
alluvionale di Fondotoce, che divide il lago di Mergozzo
dal lago Maggiore e che sembra sbarrare la via per l’Ossola
quando si entra nella valle del Toce, nei pressi di
Gravellona, è uno di questi: il Montorfano.
All’apparenza il rilievo, alto appena 794 metri, si
presenta come una grossa e tozza gobba dalla modesta
elevazione con le
pareti profondamente segnate
da un’intensa attività estrattiva del pregiato granito
bianco che ha reso famosa la cittadina di Mergozzo.
Generazioni di scalpellini hanno nel tempo affinato un
patrimonio di tecniche e di gusto divenendo abili
scalpellini e scultori che, unitamente alle
caratteristiche del granito stesso, hanno reso famoso il
piccolo Montorfano nel mondo ( nel 1830 sul monte erano
attive ben 39 cave ). L’attività estrattiva sembra fosse
già in uso fin dal medioevo e nel
1506 vennero realizzate le 12 colonne che servirono ad
adornare il porticato del
Lazzaretto di Milano
( demolito nella seconda metà del XIX secolo ).
Tra le numerose opere realizzate con questo bellissimo
materiale di Montorfano, si ricordano le 82 colonne per
la ricostruzione della basilica romana di San Paolo
fuori le Mura la cui realizzazione è cominciata nel
1827. Durante la lavorazione
furono scartate due colonne che,
non rispondendo ai requisiti necessari, sono state
collocate una presso l’ingresso del Vecchio Porto di
Intra, diventando ben presto “
la culòna dul port
”:
posata nel 1835, dopo aver resistito alla terribile
alluvione del 1872, ancora svetta verso il cièlo quale
simbolo della vecchia Ottocentesca Intra,
e l’altra è stata rizzata in piedi nell’area “Cavadonna”
sul lato sinistro poco oltre l’imbocco della
carrozzabile che porta alla frazione Montorfano di
Mergozzo. Dopo la prima salita avvenuta nell’ormai
lontano 2009, ritorniamo volentieri sulla vetta di
questa “ montagna ” in compagnia degli amici del
Gruppo Escursionisti Valgrande
con i quali ci riuniamo in località Prato Michelaccio e
da lì ci incamminiamo in direzione del ponte sul Toce,
percorsi un centinaio di metri,
chiare indicazioni
sulla sinistra indicano l’inizio del sentiero che subito
si innalza ripidamente per trasformarsi, dopo pochi
minuti, in una bella
mulattiera sorretta dai possenti muri a secco
dell’antica strada militare che salendo gradatamente
apre la
visuale sulla piana del Toce.
Percorso un tratto a mezzacosta, il sentiero disegna
stretti tornanti che rasentando la parete rocciosa
appaiono quasi a sbalzo
sul sottostante vallone. Superati due
ponticelli in legno
la mulattiera si accosta alla parete rocciosa e
volgendo a destra, una
fresca sorgente
anticipa l’entrata nella
grossa grotta
dove è collocata una
cappelletta votiva.
Continuiamo nell’ascesa e, giunti al
bivio
che indica la direzione per la polveriera, seguiamo il
sentiero che pianeggiando sulla destra raggiunge una
casermetta a due piani
che doveva ospitare il presidio posto a ridosso del
banco di roccia in cui è ricavato
l’ingresso del deposito polveriera
che, penetrando nella montagna, ospita locali per armi e
munizioni. Il complesso è parte della Linea Cadorna, il
sistema di fortificazioni militari che doveva difendere
il confine nord dell’Italia a ridosso della Svizzera. Le
linee fortificate proteggevano il territorio italiano
tra il Gran San Bernardo e la Valtellina. In Val d’Ossola
e nel Verbano esse coprono un dislivello di 2.000 m tra
la piana del Toce e il Monte Massone e fra il Lago
Maggiore e il Monte Zeda. Furono costruite nel corso
della prima guerra mondiale tra il 1916 e il 1918 in
funzione difensiva a fronte di un eventuale attacco
austro-tedesco attraverso la Svizzera e furono volute
dal generale Luigi Cadorna di Pallanza. Dopo una breve
sosta, scattiamo la
foto di gruppo
e ritorniamo al bivio da cui, volgendo a destra
continuiamo a risalire la mulattiera che, con pendenza
costante, sale gradatamente verso la vetta che
raggiungiamo dopo una mezzora circa. Ci
aggiriamo sulla sommità per ammirare il panorama a 360°
che ci offre ampie visioni sulla piana
Ossolana e sul Cusio,
scattata la foto
ricordo ci
dirigiamo verso i ripetitori dove
sostiamo sulle rocce adiacenti per la
sosta pranzo. Al termine della sosta,
riprendiamo il cammino e dopo aver ammirato il panorama
sul sottostante Lago di Mergozzo, sul Lago Maggiore e
sulle isole, ci dirigiamo verso le rocce che
guardano sul versante Ossolano e qui incontriamo gli
amici del CAI di Olgiate Olona.
Il casuale incontro è l’occasione per far sì che:
Franco ( presidente del CAI Olgiate ) e Rachele (
presidente del GEV )
si conoscano
personalmente. Salutata la numerosa compagnia,
riprendiamo il sentiero per ritornare al bivio della
polveriera da cui pieghiamo a destra per percorrere in
discesa la larga strada in cui è ancora possibile
ammirare le imponenti
opere
di riparo e incanalamento delle acque piovane
che ancora svolgono interamente la loro funzione.
Superiamo le costruzioni che costituivano gli
ospedaletti e
continuando tra boschi di castagno, ci ritroviamo sulla
strada asfaltata, in località Prato Michelaccio da cui
eravamo partiti, ancora poche decine di metri e siamo di
nuovo alle auto al termine di una bella giornata
trascorsa in piacevole compagnia di tanti amici.
Link:
http://www.ecomuseogranitomontorfano.it/
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