Bassa Ossola

Alpe Prà d'Gatt m. 1495

Partecipanti:
 Gita effettuata in data:21-Novembre-2012                                                      

 Partenza da: Colloro m.523
 Dislivello totale: m. 972
 Difficoltà: EE
 Effettivo cammino h: 5,15

Come arrivarci: Da Gravellona Toce si procede sulla Statale del Sempione fino all’uscita di Premosello. Usciti dalla Statale, si attraversa il ponte sul Fiume Toce e si raggiunge dapprima Cuzzago e successivamente il capoluogo da cui, seguendo le indicazioni, si sale fino al caratteristico paesino di Colloro (Km. 4).

Colloro è adagiato su uno dei pochi e rari pianori della montagna che scende dal Pizzo delle Pecore e, dalla sua posizione dominante  su tutto il piano Ossolano, ha il privilegio di ricevere il sole tutto l’anno. A monte del paese, dove la montagna si apre in alpeggi solari ed ampi, si ergono una innumerevole quantità di piccoli corti, oggi per lo più ridotti a ruderi, aggrappati alla montagna sorti per usufruire di quelle poche porzioni di pascolo che nelle epoche passate venivano sfruttate per la sopravvivenza. La conformazione di questo versante della montagna, ha fatto sì che venissero edificati alpeggi in luoghi impensabili e difficilmente raggiungibili: uno di questi è rappresentato dall’alpe Prà d’Gat. Il toponimo fa pensare a “prato dei gatti”, quasi a rappresentare le qualità alpinistiche di cui dovevano essere dotati gli armenti per potersi muovere in un ambiente così ostile, ma questa è una versione puramente immaginata dalla nostra fantasia. Il desiderio di visitare questo alpe ci è venuto consultando il sito  www.in-valgrande.it, da noi considerato “ l’enciclopedia della Val Grande ″ che è una inesauribile fonte di informazioni inerenti l’area wilderness più grande d’Italia, e da alcune foto scattate da Tim Shaw, altro grande conoscitore della valle, che di professione  fa l’operatore turistico organizzando, per clienti stranieri, visite guidate nel territorio della selvaggia Val Grande http://www.piemont-trekking.de. Parlando con l’amico Tim, gli abbiamo manifestato il nostro desiderio di salire a questo alpe e, con nostra grande sorpresa, l’amico ci ha detto che si sarebbe unito volentieri a noi in quanto anche per lui Prà d’Gat ha un fascino particolare. Ben felici di fare questa escursione in sua compagnia, raggiungiamo Mergozzo, dove ci incontriamo con Tim e proseguiamo per Colloro da dove prende avvio questa che noi consideriamo un’avventura che ci porterà a raggiungere un luogo a cui da tempo avevamo rivolto la nostra attenzione. Dal piazzale della chiesa seguiamo il sentiero segnalato che sale in direzione di Capraga, il cui toponimo sintetizza con immediatezza la sua storia. Continuiamo a percorrere il percorso segnato e alzandoci di quota, arriviamo ad un poggio su cui, in posizione panoramica, sorge una cappella e percorso un ulteriore breve tratto raggiungiamo la Chiesetta di San Bernardo m. 818 (h0,45). Tralasciamo il sentiero che a sinistra porta alle baite di Biogno e, piegando a destra attraversiamo il nucleo di baite e continuando a seguire il sentiero saliamo nel bosco sino a che perveniamo alla località Sasso Termine m. 954 (h0,25;1,10) così definita in quanto qui passa la linea di confine tra i territori di Premosello e Vogogna. Da Sasso termine, a sinistra dopo una fontana, si ritrova la stradina che conduce a Capraga m. 951 (h0,10;1,20). Da sopra le baite, si risale per prati e si incontrano le tracce della vecchia mulattiera che poco dopo si trasforma in un roccioso sentiero che inizia a risalire la bastionata da cui scende una bella cascata. Continuiamo a salire seguendo le antiche tracce che ancora presentano passaggi realizzati con pietre riportate fino a che, attraversato il rio, entriamo nel bosco dove scopriamo le baite dell’AlpeSui di Sotto (h0,30;1,50) che presenta ancora una baita in buone condizioni con al suo interno una curiosa parete divisoria realizzata in lastre di serizzo. Proseguiamo nella nostra salita e raggiungiamo la radura su cui sorge l’imboscato Alpe Sui m.1220 (h0,20;2,10) che ai tempi doveva essere veramente un gran bell’alpe pulsante di vita. Ancora un breve tratto verticale lungo il sentiero segnato che sale alla Cima, che abbandoniamo (h0,10;2,20) incamminandoci sulla destra lungo il vecchio sentiero dove sono evidenti i rami che Tim ha tagliato per ripulire il passaggio. Al termine di questo tratto, raggiungiamo i ruderi dell’Alpe  Corone (h0,30;2,50) dove, su una pietra del cantonale, una vecchia incisione non ha bisogno di commenti. Il panorama che si gode da quassù e incredibile e  solo la foschia ne mitica la bellezza, il piano Ossolano è ai nostri piedi e ben si distinguono tutti gli agglomerati che abbiamo attraversato. Superiamo il poggio su cui sorge l’alpe e percorriamo la dorsale fino a che giungiamo all’attacco della salita finale che ci porta a raggiungere il poggio su cui sorge l’Alpe Prà d’Gatt m. 1495 (h0,40;3,30). Grande è la nostra soddisfazione per aver raggiunto questo luogo che, come ci eravamo immaginati, appare come sospeso sul piano Ossolano e la sua baita più in ordine, eretta in questo luogo impensabile, è costruita sull’orlo del dosso o per meglio dire “ sull’orlo della disperazione ″. A ridosso dell’unica baita rimasta in piedi si nota una bella vasca, frutto del lavoro di uno scalpellino che con abilità e maestria ha ricavato da un masso erratico questo, ed altri contenitori, per la raccolta e la conservazione dell’acqua; elemento indispensabile per fare durare più a lungo la permanenza all’alpe. In questo luogo impensabile, da cui lo sguardo spazia ad abbracciare tutti i monti circostanti, ci accomodiamo per consumare  il nostro spuntino e per scattare la foto a ricordo di questa giornata che rimarrà a lungo impressa nella nostra memoria. Come al solito il tempo è tiranno per cui, ricarichiamo i nostri zaini e ritorniamo sui nostri passi giungendo di nuovo in prossimità dell’Alpe Corone (h0,20;3,50) da dove al bivio, prendiamo a sinistra ed iniziamo a scendere lungo un ripido sentiero non segnato, ma di evidente percorribilità, che dipanandosi in un fitto bosco di noccioli selvatici, scende fino a pervenire ai prati di Ludo Termine (h0,30;4,20) ed all’omonimo alpeggio. Sempre in discesa, ci incamminiamo lungo un vecchio sentiero invaso dalle foglie dei numerosi castagni che alberano la zona, e sfruttando numerose scorciatoie, facciamo ritorno a Colloro (h0,55;5,15).

Percorrendo questi antichi sentieri aggrappati alle pendici orientali del Pizzo delle Pecore, si leggono la storia e la vita delle generazioni che ci hanno preceduto. Raggiunto a fatica questo minuscolo alpeggio costruito alla sommità di un ripido fazzoletto di prato, ci si rende conto di quanto grande fosse la fame di pascolo in epoche passate e di trovarsi di fronte ad una memoria storica che l’odierna modernità tende a far dimenticare.