Come arrivarci:
Da
Gravellona Toce si procede sulla Statale del Sempione
fino all’uscita di Premosello. Usciti dalla Statale, si
attraversa il ponte sul Fiume Toce e si raggiunge
dapprima Cuzzago e successivamente il capoluogo da cui,
seguendo le indicazioni, si sale fino al caratteristico
paesino di Colloro (Km. 4).
Colloro è adagiato su uno dei pochi e rari pianori della
montagna che scende dal Pizzo delle Pecore e, dalla sua
posizione dominante su tutto il piano Ossolano, ha
il privilegio di ricevere il sole tutto l’anno. A monte
del paese, dove la montagna si apre in alpeggi solari ed
ampi, si ergono una innumerevole quantità di piccoli
corti, oggi per lo più ridotti a ruderi, aggrappati alla
montagna sorti per usufruire di quelle poche porzioni di
pascolo che nelle epoche passate venivano sfruttate per
la sopravvivenza. La conformazione di questo versante
della montagna, ha fatto sì che venissero edificati
alpeggi in luoghi impensabili e difficilmente
raggiungibili: uno di questi è rappresentato dall’alpe
Prà d’Gat. Il toponimo fa pensare a
“prato dei gatti”, quasi a rappresentare le qualità
alpinistiche di cui dovevano essere dotati gli armenti
per potersi muovere in un ambiente così ostile, ma
questa è una versione puramente immaginata dalla nostra
fantasia. Il desiderio di visitare questo alpe ci è
venuto consultando il sito
www.in-valgrande.it, da noi considerato “
l’enciclopedia della Val Grande ″ che è una inesauribile
fonte di informazioni inerenti l’area wilderness più
grande d’Italia, e da alcune foto scattate da Tim Shaw,
altro grande conoscitore della valle, che di professione
fa l’operatore turistico organizzando, per clienti
stranieri, visite guidate nel territorio della selvaggia
Val Grande
http://www.piemont-trekking.de. Parlando con l’amico
Tim, gli abbiamo manifestato il nostro desiderio di
salire a questo alpe e, con nostra grande sorpresa,
l’amico ci ha detto che si sarebbe unito volentieri a
noi in quanto anche per lui Prà d’Gat ha un fascino
particolare. Ben felici di fare questa escursione in sua
compagnia, raggiungiamo Mergozzo, dove ci incontriamo
con Tim e proseguiamo per
Colloro
da dove prende avvio questa che noi consideriamo
un’avventura che ci porterà a raggiungere un luogo a cui
da tempo avevamo rivolto la nostra attenzione. Dal
piazzale della chiesa seguiamo il sentiero segnalato che
sale in direzione di Capraga, il cui toponimo
sintetizza con immediatezza la sua storia. Continuiamo a
percorrere il percorso segnato e alzandoci di quota,
arriviamo ad un poggio su cui, in posizione panoramica,
sorge una
cappella
e percorso un ulteriore breve tratto raggiungiamo la
Chiesetta di San Bernardo
m. 818 (h0,45). Tralasciamo il sentiero che a
sinistra porta alle baite di Biogno e, piegando a destra
attraversiamo il nucleo di baite e continuando a seguire
il sentiero saliamo nel bosco sino a che perveniamo alla
località
Sasso Termine
m. 954 (h0,25;1,10) così definita in quanto qui
passa la linea di confine tra i territori di Premosello
e Vogogna. Da Sasso termine, a sinistra dopo una
fontana, si ritrova la stradina che conduce a
Capraga
m. 951 (h0,10;1,20). Da sopra le baite, si risale
per prati e si incontrano le tracce della vecchia
mulattiera che poco dopo si trasforma in un
roccioso sentiero
che inizia a risalire la bastionata da cui scende una
bella cascata.
Continuiamo a salire seguendo le antiche tracce che
ancora presentano passaggi realizzati con pietre
riportate fino a che, attraversato il rio, entriamo nel
bosco dove scopriamo le baite dell’AlpeSui
di Sotto
(h0,30;1,50) che presenta ancora una baita in
buone condizioni con al suo interno una curiosa
parete divisoria realizzata in lastre di serizzo.
Proseguiamo nella nostra salita e raggiungiamo la radura
su cui sorge l’imboscato
Alpe Sui
m.1220 (h0,20;2,10) che ai tempi doveva essere
veramente un gran bell’alpe pulsante di vita. Ancora un
breve tratto verticale lungo il sentiero segnato che
sale alla Cima, che abbandoniamo (h0,10;2,20)
incamminandoci sulla destra lungo il vecchio sentiero
dove
sono evidenti i rami che Tim ha tagliato
per ripulire il passaggio. Al termine di questo tratto,
raggiungiamo
i
ruderi dell’Alpe Corone
(h0,30;2,50) dove, su una pietra del cantonale,
una
vecchia incisione non ha bisogno di commenti.
Il panorama che si gode da quassù e incredibile e
solo la foschia ne mitica la bellezza,
il
piano Ossolano
è ai nostri piedi e ben si distinguono tutti gli
agglomerati che abbiamo attraversato. Superiamo il
poggio su cui sorge l’alpe e percorriamo la dorsale fino
a che giungiamo all’attacco
della salita finale
che ci porta a raggiungere
il
poggio su cui sorge l’Alpe Prà d’Gatt
m. 1495 (h0,40;3,30). Grande è la nostra
soddisfazione per aver raggiunto questo luogo che, come
ci eravamo immaginati,
appare come sospeso sul piano Ossolano
e la sua baita più in ordine, eretta in questo luogo
impensabile, è costruita sull’orlo
del dosso
o per meglio dire “ sull’orlo della disperazione ″. A
ridosso dell’unica baita rimasta in piedi si nota
una
bella vasca,
frutto del lavoro di uno scalpellino che con abilità e
maestria ha ricavato da un masso erratico questo, ed
altri contenitori, per la raccolta e la conservazione
dell’acqua; elemento indispensabile per fare durare più
a lungo la permanenza all’alpe. In questo luogo
impensabile, da cui lo sguardo spazia ad abbracciare
tutti i monti circostanti, ci accomodiamo per consumare
il nostro spuntino e per scattare
la
foto a ricordo
di questa giornata che rimarrà a lungo impressa nella
nostra memoria. Come al solito il tempo è tiranno per
cui, ricarichiamo i nostri zaini e ritorniamo sui nostri
passi giungendo di nuovo in prossimità dell’Alpe Corone
(h0,20;3,50) da dove al bivio, prendiamo a
sinistra ed iniziamo a scendere lungo un ripido sentiero
non segnato, ma di evidente percorribilità, che
dipanandosi in un
fitto bosco di noccioli selvatici,
scende fino a pervenire ai
prati di Ludo Termine
(h0,30;4,20) ed all’omonimo alpeggio. Sempre in
discesa, ci incamminiamo lungo un vecchio sentiero
invaso dalle foglie dei numerosi castagni che alberano
la zona, e sfruttando numerose scorciatoie, facciamo
ritorno a Colloro (h0,55;5,15).
Percorrendo questi antichi sentieri aggrappati alle
pendici orientali del Pizzo delle Pecore, si leggono la
storia e la vita delle generazioni che ci hanno
preceduto. Raggiunto a fatica questo minuscolo alpeggio
costruito alla sommità di un ripido fazzoletto di prato,
ci si rende conto di quanto grande fosse la fame di
pascolo in epoche passate e di trovarsi di fronte ad una
memoria storica che l’odierna modernità tende a far
dimenticare.
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