Come arrivarci:
Percorrere l’autostrada A26 in direzione Domodossola,
uscire allo svincolo di Mergozzo e svoltando a sinistra
in direzione Cuzzago, in breve si giunge a Bettola.
Superato il sottopasso ferroviario si parcheggia
comodamente sulla sinistra nello spazio antistante
alcune abitazioni.
Bettola è un piccolo borgo a ridosso delle aspre e
scoscese cime dei Corni di Nibbio che racchiude una
sorpresa, la mulattiera della "Linea Cadorna", posta a
difesa del fondovalle Ossolano, dirimpetto a quella
della punta di Migiandone nel punto nevralgico in cui la
valle ha una larghezza di soli 700 metri. La mulattiera
è una vera opera di archeologia militare costruita fra
il 1916 ed il 1918 per volontà del generale pallanzese
Luigi Cadorna con l’impiego di migliaia gli uomini e
donne del luogo, impegnati nella costruzione di questo
fitto reticolo di mulattiere militari, trincee,
postazioni d'artiglieria, luoghi di avvistamento,
fortini, ospedaletti, strutture logistiche e centri di
comando. Dal parcheggio, si ritorna verso il sottopasso
ferroviario dove si trovano le
indicazioni per i vari itinerari,
si prende a sinistra per un campo “privato” costeggiando
la ferrovia fino a raggiungere il sentiero che sale in
direzione di un
vecchio lavatoio oltre il quale ha inizio la
mulattiera. Iniziamo a risalire la strada militare che
in questo primo tratto si presenta
invasa dal fogliame e di poco agevole
percorribilità con un
tratto franato che ci obbliga ad una
arrampicata di deviazione. Dopo alcuni tornanti
raggiungiamo la prima postazione e subito dopo il
passaggio in trincea, durante la salita abbiamo modo di
goderci i numerosi splendidi
scorci panoramici sulla sottostante vallata.
Proseguendo nel nostro cammino, osserviamo una
pozza d’acqua alimentata da una bella cascata
e altre postazioni e sotto un masso, incontriamo un
riparo molto ben realizzato e mimetizzato
nell’ambiente circostante. La mulattiera continua a
salire con moderata pendenza disegnando stretti tornanti
e, vista dal basso, si fa ammirare in tutto
il suo preciso sviluppo geometrico.
Raggiungiamo un punto in cui il tracciato lascia il
posto ad un tratto di roccia che,
invaso dai rovi e dalla vegetazione,
percorriamo con attenzione. Superato questo punto,
ritorniamo sulla mulattiera e continuando nella salita,
possiamo godere della visione di numerosi
punti panoramici. Siamo oramai al culmine
della “ strada di pietra ″ che si spegne in un
modesto pianoro su cui sorgeva la postazione sommitale
(h1,40). Un cartello indica il proseguimento del
sentiero che prosegue in
direzione dell’Alpe Sautì e si arrampica
sulle dirupate pareti per raggiungere gli alpeggi alti.
Poco sopra sorge un
ometto di sassi che funge da perfetto punto
di osservazione da cui si ha il completo controllo di
tutto
il Piano Ossolano e proprio di fronte si
distinguono ad occhio nudo le postazioni della
Linea Cadorna che sale al Forte di Bara.
Soddisfatti per aver percorso questa via storica, ci
incamminiamo in discesa per far ritorno a Bettola e
lungo il percorso
incontriamo Mauro che, mosso dal nostro
stesso interesse, sta salendo per la stessa via,
scambiate le solite quattro chiacchiere ci salutiamo e
raggiungiamo di nuovo l’auto. Vista la brevità della
gita, ritornati a Bettola, abbiamo il tempo per visitare
un altro dei capolavori presenti in zona: la via di
lizza che dalla cava di Candoglia, permetteva di far
scendere ad Albo i blocchi destinati alla Veneranda
Fabbrica del Duomo. L’Ossola, nota per la presenza di
numerose cave di beole, serizzi e marmo, ha fatto “ di
necessità virtù ″. Combattendo la povertà con cui
avevano a che fare quotidianamente, ha trasformato in
ricchezza le pietre che ricoprono i pendii della
sovrastante montagna smentendo quel detto che recita: “
pais grass, via la fioca al vanza fò i sass ″.
Raggiungiamo la vicina frazione di Albo dove
parcheggiamo nel
piazzale retrostante la fermata del bus e,
attraversata la strada, ci incamminiamo lungo via
Tedeschi. Giunti ad una fontana procediamo a destra e
seguendo la strada asfaltata, perveniamo ad una cappella
da dove iniziamo a risalire una mulattiera erbosa che
raggiunge il
cippo di confine che inequivocabilmente
delimita
il territorio della “ Fabbrica del Duomo ″. A
sinistra inizia, è meglio dire termina, la
“ Via di Lizza ″ che serviva a far scendere
gli enormi blocchi dalla Cava Madre fino ad Albo. Il
tratto terminale della via si presenta imboscato e
coperto da un insidioso strato di foglie secche che
rendono difficile, oltre che pericoloso, il proseguire
per cui ne risaliamo solo un breve tratto, quanto basta
per notare gli
smisurati fori in cui venivano fissate le stanghe
che servivano a regolare la tensione delle corde che
aiutavano a far scivolare verso il basso i blocchi di
marmo. Preso atto della scivolosità del percorso,
decidiamo di abbandonare la salita e, con un militaresco
dietrofront, ritorniamo sui nostri passi comunque
soddisfatti per aver avuto modo di vedere un’altra
ciclopica via di pietra.
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