Come arrivarci:
Percorrere la statale per la val Formazza, passato il
paese Premia, svoltare a destra seguendo le indicazioni
per l’Orrido di Balmafredda per poi proseguire sulla
rotabile e risalire fino al paese di Crego, dove è
possibile lasciare l'auto nel piazzale antistante la
caratteristica chiesa.

Prima
di iniziare l’escursione ammiriamo l’insolita e
suggestiva piccola chiesa, fatta grande dalla
santità e dalla preghiera di Don Lorenzo Dresco, un
umile prete di montagna nato a Varzo nel 1808,
conosciuto come il “ prete scalpellino ″, che con
ferrea volontà l’ha costruita con le proprie mani tra il
1852 e il 1878 consacrandola a Maria Immacolata. Il
Santuario, a pianta circolare, è chiuso da un
ininterrotto giro di 48 colonne in pietra
locale che contornano, come un’oasi di pace, il
perimetro della chiesa che sorge su di uno sperone di
roccia in posizione dominante la Valle Antigorio. Dal
piazzale antistante si ammirano: la balconata di
Cravegna, Viceno e Mozio, le strapiombanti rocce del
Sasso di Premia, i Monti Cistella, Cervandone, Gorio e
Giove. Terminato di rimirare questo stupendo panorama,
ci incamminiamo lungo la strada asfaltata in quanto
abbiamo deciso di transitare per Arvenolo per osservare
le bellissime costruzioni che adornano i pendii
circostanti. Flavio
www.cappef.com
come al solito impegnato a fare riprese cine
fotografiche, anticipa il gruppo che, procedendo in
ordine sparso, segue la carrozzabile che,
raggiunte alcune baite, entra nel bosco per continuare
in leggera salita ed arrivare ad un nuovo gruppo di
baite che costituiscono il nucleo centrale di
Arvenolo m. 961 (h 0,50). Abbandoniamo
la strada e raggiunto il limite superiore delle case,
seguiamo a destra un sentiero che, incrociata a più
riprese la strada asfaltata, ci conduce ad un simpatico
agglomerato di baite che costituiscono un villaggio con
tanto di vie e piazze (h 0,25;1,15) intitolate
alla nostra rinomata tradizione vinicola che spazia da:
Piazza Barbera al vicolo Nebbiolo, senza
trascurare Piazza Cabernet. Visitato il villaggio,
percorriamo
via Bardolino e ritorniamo sulla strada,
tralasciando la deviazione per Bee, continuiamo a
risalire la carrozzabile e dopo alcuni ripidi tornati
raggiungiamo la
località Croppo m. 1280 (h0,10;1,25)
che anticipa il nostro arrivo ai
Piani di Aleccio m. 1489 (h 0,30;1,55).
Dopo una breve sosta, dalla
cappella dell’alpe ci abbassiamo sulla
sinistra in direzione dell’ultima casa, ed entriamo nel
bosco seguendo l’esile sentiero che ci riporta sulla
strada consortile che percorriamo sino a raggiungere una
grande croce di legno che si protende sulla sottostante
vallata in cui si riconoscono i vari insediamenti
abitati (h 0,25;2,20). In questo stupendo punto
panoramico effettuiamo la sosta per scattare la consueta
foto ricordo. Proseguiamo e, superati in
successione il Curt Muntan ed il Curt Pidrin ci
ritroviamo nei prati superiori dell’Alpe
Aloro ( Aleccio ) m.1441 ( h 0,10;2,30).
Lo spettacolo che si ammira da qui, è a dir poco
stupefacente si riconoscono: l’abitato
di Crego, la Punta di Tanzonia, il Monte
Gorio, il Cervandone, il Passo Cornera, l’Helsenhorn, il
Corno Cistella, il Cistella, e ancora una interminabile
catena di monti. Visitato l’alpe, ci manteniamo alti sui
suoi pascoli digradanti e seguiamo le indicazioni per
Bee. Inoltrandoci in un bosco di conifere, percorriamo
il sentiero a mezzacosta che supera il tumultuoso
Rio d’Alba, per poi abbassarsi in una
boscaglia al termine della quale raggiungiamo la conca
in cui sorgono
le baite di Bee m. 1418 (h0,20;2,50).
Qui sostiamo per consumare il nostro meritato
pasto, che anche
Suni dimostra di gradire, e per visitare
l’alpe i cui prati sono ingentiliti da una miriade di
genzianelle in fiore. Al termine delle
libagioni, ricarichiamo gli zaini e ci avviamo verso il
limite inferiore dell’ampio prato, palina con
cartelli indicatori, dopo un breve tratto di percorso su
sentiero, prende avvio una vera e propria
“ strada di pietra” che perdendo quota molto
rapidamente ci conduce all’alpe
Boschetto m. 1205. Camminando al piede di
un’imponente parete rocciosa, all’apparenza
insuperabile, abbiamo modo di percorrere e osservare con
stupore una mulattiera lastricata in pietra, costruita a
gradoni per facilitare gli animali nel superamento delle
elevate pendenze e con
grossi massi posti con funzione di parapetto.
Per noi è impossibile anche solo immaginare la fatica e
le difficoltà superate per realizzare quella che, ancora
oggi, si presenta come un’opera di alta ingegneria
alpina perfettamente conservata. Il tutto è stato
realizzato da generazione di montanari per praticare la
fondamentale attività pastorale e raggiungere nuove
distese erbose avendo cura di tutelare il loro bene più
prezioso: l’animale. Proseguiamo nella nostra discesa e
raggiungiamo il lavatoio di Cagiogno m. 726 ( h 0,50;3,40
). Da qui non ci resta che tornare al punto di partenza:
seguendo le indicazioni ci dirigiamo a
sinistra e percorriamo l’esile sentiero che attraversa
l’umido bosco per raggiungere
la bastionata rocciosa da cui scivolano a
valle le acque del Rio Alba costituendone
l’omonima cascata.
I più temerari, tolte le scarpe, si concedono
un pediluvio, i
semplici temerari entrano con gli scarponi,
mentre gli altri si limitano a fotografare. Ricomposte
le fila, procediamo sino a raggiungere
il canale dell’Enel che percorriamo
comodamente sino a che, su sasso a sinistra, scorgiamo
l’indicazione ( scritta con vernice rossa )
che con una modesta risalita ci permette di ritornare a
Crego ( h 0,40;4,30 ), dove usciamo proprio sotto
la chiesa. Qui incontriamo una gentile signora che,
recuperate le chiavi del santuario, ci permette di
visitarne
l’interno che si presenta ordinato e molto ben
conservato,
con i suoi tre altari dedicati alla Vergine Immacolata,
alla Madonna dei Sette Dolori e alla Madonna del
Carmine. Come
“ la vèia d’Brộcc ″,
anche questi altri 2,5 Km. di mulattiera che oggi
abbiamo percorso, furono realizzati dai nostri antenati
per collegare i paesi agli alpeggi e a tutti i luoghi di
lavoro agricolo. Con pochi strumenti, ma con grande
sensibilità nell’uso dei materiali e nella scelta dei
percorsi più adatti, gli abitanti delle valli hanno
tessuto, secondo un logico criterio ingegneristico, una
straordinaria rete di comunicazioni costruendo quelle
opere che si possono definire “ le strade di pietra ″.
Al
termine di questo facile itinerario ad anello fra boschi
ed alpeggi, che consigliamo entusiasticamente, un ultimo
sguardo alla palestra di arrampicata in cui si stanno
cimentando degli aspiranti rocciatori e poi via verso
casa formulando nuove ipotesi per le prossime uscite.
 |