Valle Antigorio

Circuito di Aleccio 1489

Partecipanti:
 Gita effettuata in data:7-Maggio-2012                                                      

 Partenza da: Crego m.781
 Dislivello totale: m. 838
 Difficoltà: E
 Effettivo cammino h: 4,30

Come arrivarci: Percorrere la statale per la val Formazza, passato il paese Premia, svoltare a destra seguendo le indicazioni per l’Orrido di Balmafredda per poi proseguire sulla rotabile e risalire fino al paese  di Crego, dove è possibile lasciare l'auto nel piazzale antistante la caratteristica chiesa.

Prima di iniziare l’escursione ammiriamo l’insolita e suggestiva piccola chiesa, fatta grande dalla santità e dalla preghiera di Don Lorenzo Dresco, un umile prete di montagna nato a Varzo nel 1808, conosciuto come il “ prete scalpellino ″,  che con ferrea volontà l’ha costruita con le proprie mani tra il 1852 e il 1878 consacrandola a Maria Immacolata. Il Santuario, a pianta circolare, è chiuso da un ininterrotto giro di 48 colonne in pietra locale che contornano, come un’oasi di pace, il perimetro della chiesa che sorge su di uno sperone di roccia in posizione dominante la Valle Antigorio. Dal piazzale antistante si ammirano: la balconata di Cravegna, Viceno e Mozio, le strapiombanti rocce del Sasso di Premia, i Monti Cistella, Cervandone, Gorio e Giove. Terminato di rimirare questo stupendo panorama, ci incamminiamo lungo la strada asfaltata in quanto abbiamo deciso di transitare per Arvenolo per osservare le bellissime costruzioni che adornano i pendii circostanti. Flavio www.cappef.com come al solito impegnato a fare riprese cine fotografiche, anticipa il gruppo che, procedendo in ordine sparso, segue la carrozzabile che,  raggiunte alcune baite, entra nel bosco per continuare in leggera salita ed arrivare ad un nuovo gruppo di  baite che costituiscono il nucleo centrale di Arvenolo m. 961 (h 0,50). Abbandoniamo la strada e raggiunto il limite superiore delle case, seguiamo a destra un sentiero che, incrociata a più riprese la strada asfaltata, ci conduce ad un simpatico agglomerato di baite che costituiscono un villaggio con tanto di vie e piazze (h 0,25;1,15) intitolate alla nostra rinomata tradizione vinicola che spazia da: Piazza Barbera al vicolo Nebbiolo, senza trascurare Piazza Cabernet. Visitato il villaggio, percorriamo via Bardolino e ritorniamo sulla strada, tralasciando la deviazione per Bee, continuiamo a risalire la carrozzabile e dopo alcuni ripidi tornati raggiungiamo la località Croppo m. 1280 (h0,10;1,25) che anticipa il nostro arrivo ai Piani di Aleccio m. 1489 (h 0,30;1,55). Dopo una breve sosta, dalla cappella dell’alpe ci abbassiamo sulla sinistra in direzione dell’ultima casa, ed entriamo nel bosco seguendo l’esile sentiero che ci riporta sulla strada consortile che percorriamo sino a raggiungere una grande croce di legno che si protende sulla sottostante vallata in cui si riconoscono i vari insediamenti abitati (h 0,25;2,20). In questo stupendo punto panoramico effettuiamo la sosta per scattare la consueta foto ricordo. Proseguiamo e, superati in successione il Curt Muntan ed il Curt Pidrin ci ritroviamo nei prati superiori dell’Alpe Aloro ( Aleccio ) m.1441 ( h 0,10;2,30). Lo spettacolo che si ammira da qui, è a dir poco stupefacente si riconoscono: labitato di Crego, la Punta di Tanzonia, il Monte Gorio, il Cervandone, il Passo Cornera, l’Helsenhorn, il Corno Cistella, il Cistella, e ancora una interminabile catena di monti. Visitato l’alpe, ci manteniamo alti sui suoi pascoli digradanti e seguiamo le indicazioni per Bee. Inoltrandoci in un bosco di conifere, percorriamo il sentiero a mezzacosta che supera il tumultuoso Rio d’Alba, per poi abbassarsi in una boscaglia al termine della quale raggiungiamo la conca in cui sorgono le baite di Bee m. 1418 (h0,20;2,50). Qui sostiamo per consumare il nostro meritato pasto, che anche Suni dimostra di gradire, e per visitare l’alpe i cui prati sono ingentiliti da una miriade di genzianelle in fiore. Al termine delle libagioni, ricarichiamo gli zaini e ci avviamo verso il limite  inferiore dell’ampio prato, palina con cartelli indicatori, dopo un breve tratto di percorso su sentiero, prende avvio una vera e propria “ strada di pietra” che perdendo quota molto rapidamente ci conduce all’alpe Boschetto m. 1205. Camminando al piede di un’imponente parete rocciosa, all’apparenza insuperabile, abbiamo modo di percorrere e osservare con stupore una mulattiera lastricata in pietra, costruita a gradoni per facilitare gli animali nel superamento delle elevate pendenze e con grossi massi posti con funzione di parapetto. Per noi è impossibile anche solo immaginare la fatica e le difficoltà superate per realizzare quella che, ancora oggi, si presenta come un’opera di alta ingegneria alpina perfettamente conservata. Il tutto è stato realizzato da generazione di montanari per praticare la fondamentale attività pastorale e raggiungere nuove distese erbose avendo cura di tutelare il loro bene più prezioso: l’animale. Proseguiamo nella nostra discesa e raggiungiamo il lavatoio di Cagiogno m. 726 ( h 0,50;3,40 ). Da qui non ci resta che tornare al punto di partenza: seguendo le indicazioni ci dirigiamo a sinistra e percorriamo l’esile sentiero che attraversa l’umido bosco per raggiungere la bastionata rocciosa da cui scivolano a valle le acque del  Rio Alba costituendone l’omonima cascata. I più temerari, tolte le scarpe, si concedono un pediluvio, i semplici temerari entrano con gli scarponi, mentre gli altri si limitano a fotografare. Ricomposte le fila,   procediamo sino a raggiungere il canale dell’Enel che percorriamo comodamente sino a che, su sasso a sinistra, scorgiamo l’indicazione ( scritta con vernice rossa ) che con una modesta risalita ci permette di ritornare a Crego ( h 0,40;4,30 ), dove usciamo proprio sotto la chiesa. Qui incontriamo una gentile signora che, recuperate le chiavi del santuario, ci permette di visitarne l’interno che si presenta ordinato e molto ben conservato, con i suoi tre altari dedicati alla Vergine Immacolata, alla Madonna dei Sette Dolori e alla Madonna del Carmine. Come “ la vèia d’Brộcc ″, anche questi altri 2,5 Km. di mulattiera che oggi abbiamo percorso, furono realizzati dai nostri antenati per collegare i paesi agli alpeggi e a tutti i luoghi di lavoro agricolo. Con pochi strumenti, ma con grande sensibilità nell’uso dei materiali e nella scelta dei percorsi più adatti, gli abitanti delle valli hanno tessuto, secondo un logico criterio ingegneristico, una straordinaria rete di comunicazioni costruendo quelle opere che si possono definire “ le strade di pietra ″.

Al termine di questo facile itinerario ad anello fra boschi ed alpeggi, che consigliamo entusiasticamente, un ultimo sguardo alla palestra di arrampicata in cui si stanno cimentando degli aspiranti rocciatori e poi via verso casa formulando nuove ipotesi per le prossime uscite.