Come arrivarci:Percorrere
la A 26 sino a Gravellona Toce, proseguire sulla S.S. 33
del Sempione sino all’uscita di Piedimulera-Vogogna.
Alla rotonda si gira a sinistra e superato il ponte
sulla Toce, dopo circa 2 Km. si arriva nel centro di
Vogogna.
Parcheggiata l’auto, ci incamminiamo lungo Via Roma da
dove imbocchiamo la stradina che costeggiando le mura
del
Castello Visconteo,
risale il torrente e lo attraversa su di un ponte poco
sopra per poi salire e giungere a Genestredo m. 362 (h
0,20). Visitato il grazioso borgo, ci immettiamo
sulla strada asfaltata e volgendo a sinistra,
raggiungiamo le due
baite di
Tacòta. Qui, sulla destra, prende avvio una
mulattiera contrassegnata dal segnavia N° A 32, che si
inoltra nel bosco, lo risale gradatamente per poi
proseguire nel vallone. Il sentiero, si incunea fra
voluminosi muri di pietra
che sorreggono la serie di tornanti e i circostanti
terrazzamenti. Lungo la salita, il bosco spoglio ci
lascia intravedere, sul versante situato di fronte a noi
( h 1,00;1,20 ), le strutture della cava della
Cremosina, nostra meta odierna, che con il bianco della
loro vena di marmo staccano dall’ambiente circostante.
Continuando nella nostra ascesa, procediamo sulla destra
ed in breve perveniamo alle
baite
situate nella parte inferiore dell’Alpe Marona.
Avanziamo a destra ed arriviamo alla graziosa ed
ordinata cappelletta che anticipa il secondo gruppo di
costruzioni quindi, dopo una breve traversata
raggiungiamo il nucleo principale dell’Alpe
Marona m. 880 (h 0,30;1,50). L’alpe è
situato, sulla sommità di un costone, in posizione
panoramica dominante il basso
Piano Ossolano e posto praticamente a
perpendicolo sul Ponte della Masone. Nelle vicinanze, è
installato un
ripetitore di
notevoli dimensioni, che rende facilmente
individuabile la zona quando si transita lungo la
superstrada del Sempione nei pressi dell’uscita di
Piedimulera. La quota non è elevata ma da quassù si ha
comunque la sensazione di essere sul tetto del mondo, la
piana ossolana è ai nostri piedi e di fronte a noi si
sviluppa la teoria dei monti che le fanno da corona.
Sulla nostra destra sono ben visibili le strutture della
cava che intendiamo raggiungere. Dall’Alpe Marona
seguiamo le indicazioni per Ciresola e Morgagno che
portano a transitare per l’Alpe
Ruscà m. 910 (h0,10;2,00) dove
abbandoniamo il sentiero fin qui seguito e ci
incamminiamo in piano passando davanti alle baite
dell’alpe. Raggiunta la sorgente, in avanzato stato di
abbandono, iniziamo a seguire gli sbiaditi segnavia di
vernice rossa e giallo/rossa che, prima in piano e poi
in discesa, ci portano ad attraversare un
canale, e a superare un
tratto roccioso attrezzato con
funi metalliche che fungono da protezione mentre
si posano i piedi sui gradini ricavati nella viva
roccia. Percorso e superato con attenzione questo infido
tratto di sentiero, sopraggiungiamo all’Alpe
Cremosina m.881 (h0,30;2,30) che precede
un
ulteriore attraversamento di un
tratto su roccia, anche questo messo in sicurezza
da un cavo metallico, superato il quale arriviamo alla
Cava della Cremosina m. 881
(h0,10;2,40). Ciò che si presenta ai nostri
occhi, ci lascia letteralmente meravigliati, la cava è
stata abbandonata sul finire degli anni 60 e oggi la si
può considerare un museo a cielo aperto in cui ancora
sono rimasti i resti delle attrezzature e dei mezzi di
servizio utilizzati, che si mostrano oramai come vetusti
«scheletri» architettonici. In loco sono rimasti tutti i
macchinari usati per lo svolgimento del lavoro, sparsi
sul terreno si rintracciano automezzi, tra i quali
un Dodge in costruzione
negli anni 40, un altro camion,
compressori, funi gigantesche,
una ruspa posta
diligentemente al riparo, e
tratti
di binari; tutto oramai corroso dalla ruggine
degli anni. Non essendoci strade che arrivavano fin
quassù, si può ipotizzare che tutto sia arrivato
smontato tramite l’utilizzo della teleferica di servizio
e successivamente rimontato e reso funzionante in loco.
Claudio, si pone alla guida del
Dodge e prova a metterlo in moto, ma riesce solo
ad ingolfarlo, ed il tentativo fallisce, poi mi propone
di fare un giro con
l’altro mezzo,
ma ottiene lo stesso risultato. Intorno alla cava
sorgono
enormi muri di
contenimento, creati utilizzando il materiale di
scarto, e la casa che serviva da ricovero per gli
operai. La particolarità della gita, i passaggi con
funi, l’ambiente selvaggio, conferiscono all’escursione
un certo che di avventuroso e Flavio
www.cappef.com ne è particolarmente
soddisfatto mentre tutti noi siamo particolarmente
euforici per la meta raggiunta. Al termine della sosta
contemplativa, decidiamo di percorrere, il sentiero
seguito dagli operai che raggiungevano la cava partendo
da Colloro, compiendo in tal modo un giro ad anello che
ci riporterà a Vogogna. Attraversiamo la cava che, in
questa magnifica giornata di sole, rende la colorazione
della
pregiata beola bianca
ancora più luccicante, e continuiamo a seguire i segni
di vernice che ci portano a superare
altri tratti attrezzati con cavi
di sicurezza per poi proseguire nel bosco sino a
raggiungere
il punto in cui si
incrociano i sentieri (h0,40;3,20) che da
qui si dirigono verso: l’Alpe Sui ed il Piz la Cina a
sinistra, Genestredo scendendo direttamente a
destra, e verso Capraga continuando lungo il sentiero
ben segnato in bianco/rosso. Percorso un lungo traverso,
raggiungiamo le
baite di Capraga
M. 943 (h0,20;3,40) e da qui, seguendo le
indicazioni, scendiamo all’Oratorio
di S. Bernardo m. 818 (h0,20;4,00) dove ci
concediamo una breve sosta per il pranzo. Riposate le
stanche membra, e ripristinati i livelli di carburante,
riprendiamo il cammino e ci muoviamo lungo
la bella mulattiera che scende a
Colloro, che raggiungiamo sbucando proprio sul
piazzale della
Chiesa di San
Gottardo (h0,20;4,20). Dalla chiesa
scendiamo lungo la strada asfaltata per un breve tratto
sino a che, attraversate in direzione nord, le ultime
case del paese, imbocchiamo il sentiero che seguendo
tutte le pieghe della montagna, supera alcuni facili
tratti rocciosi e con un percorso altalenante, si
raggiunge il sentiero che sale alla
Rocca di Vogogna. Volgiamo
a destra e raggiungiamo Genestredo da cui eravamo
transitati in mattinata. Da Genestredo ripercorriamo il
breve tratto che ci riporta nuovamente a Vogogna dove
termina questa entusiasmante escursione e dove, prima di
rientrare verso casa ci concediamo una
dissetante e fresca bibita.
Un
doveroso ringraziamento lo dobbiamo a Flavio che ci ha
accompagnato in questa gita controllando che tutto si
svolgesse nei termini di massima sicurezza mettendo a
proprio agio ogni singolo partecipante.
Lo
spunto per effettuare questa escursione “ archeologica ”
ci è stato dato dalla consultazione del sito
http://www.in-valgrande.it di Ferruccio Rossi:
grande ed appassionato frequentatore della Val Grande, a
cui vanno i nostri complimenti per le accurate relazioni
illustrate da straordinarie immagini.
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