Come arrivarci:
Raggiunta Verbania, si sale in direzione
di Santino da cui si raggiunge la frazione di Rovegro;
da qui si percorrono ( trattenendo il respiro ) i
restanti 8 Km, della tortuosa e disagevole strada
asfaltata, che portano nella “ Piccola capitale della
Val Grande ”.
Raggiunto il borgo di Cicogna, antica ”porta della
Valgrande”, da secoli noto nel Verbano come ” l’ultim
paés ch’l’à facc ul Signùr “ ( l’ultimo villaggio creato
da Dio ) e parcheggiata l’auto nel
posteggio antistante il circolo, ritorniamo al
tornante all’ingresso del paese, dove
imbocchiamo il visibile sentiero
per Pogallo. Ci avviamo lungo la “ strada
Sutermeister o dei boscaioli ”, la
spettacolare mulattiera che correndo alta sul
torrente, ci propone la visione di suggestivi e
pittoreschi scorci panoramici in cui si alternano
rumorose rapide a
tranquille pozze. In continuo saliscendi superiamo
numerose vallette, accompagnati dall’inquietante rumore
delle acque che, nel loro antichissimo scorrere a valle,
a tratti accarezzano e a tratti sferzano violentemente
levigandoli, i massi che incontrano lungo il loro
cammino. Superata una prima forra rocciosa e un ponte,
risaliamo superando una seconda gola, un ultimo tratto
nel bosco e raggiungiamo l’ampia radura su cui sorgono
le
baite di Pogallo m. 777
(h1,10). Il piccolo borgo nell’Ottocento si
trasformò da alpeggio a vero e proprio paese, dotato di
stazione dei Carabinieri, di servizio medico e di una
scuola. La presenza di migliaia di boscaioli conferiva
un’atmosfera da villaggio western: a quell’epoca risale
il
maestoso edificio che
ospitava la sede dell’impresa che gestiva i lavori di
disboscamento e le cui rovine sono ancora visibili.
All’ingresso del corte una
lapide
ricorda l’eccidio dei 17 partigiani che il 18 Giugno
1944, nel corso di un grande rastrellamento, furono
trucidati dai nazisti. A questo punto chiediamo a Flavio
(
www.cappef.com ), che è già stato più volte a
Busarasca, di farci da guida e, prendendo il
“comando delle operazioni”, ci dirige verso il margine
inferiore dei prati di Pogallo. Scendiamo a destra,
superando il
ponte sul Rio
Pogallino, che sovrasta uno spettacolare orrido,
e seguiamo il sentiero verso Pian di Boit fino a che
individuiamo, sulla sinistra, un
piccolo ometto che indica una traccia di sentiero
che sale ripidamente fra gli alni per pervenire ad una
cresta da cui si gode di una bella
panoramica su Pogallo. Continuiamo a seguire le
tracce, confortati da bolli di sbiadita vernice rossa
che, salendo sulla destra, entrano nel bosco per
trasformarsi in un sentiero che raggiunge i
ruderi dell’Alpe Color m.
1103 (h1,00;2,10). Continuiamo a risalire il
boscoso costone e mantenendo “diligentemente” la destra
raggiungiamo una selletta da cui, con un percorso in
costante ma continua salita, entriamo in uno
stupefacente bosco di faggi
che ci porta a passare al di sopra dell’Alpe Brusà m.
1310 (h0,30;2,40). Continuiamo nella salita, che
piegando verso sinistra, si fa sempre più ripida e, ,
seguendo sempre gli evidenti segni di vernice rossa,
proseguiamo nella faggeta che percorriamo interamente
prima di raggiungere il dosso che scende dalla
Cima Marsicce e sul quale,
in posizione aperta e soleggiata, sorge
l’Alpe Busarasca m. 1531
(h0,35;3,15). L’elemento che contraddistingue
l’alpe è il
grande stallone
per i bovini, risalente alla seconda metà degli anni
quaranta che, scoperchiato e ridotto a rudere, suscita
un penoso senso di sconforto. Poco discosto dallo
stallone, anche la casera dell’alpe ha subito lo stesso
destino e
il tetto ha ceduto
all’interno in cui sono ancora visibili alcuni
attrezzi di uso comune. Gli inselvatichiti prati
dell’alpe si estendono fino alle dirupate ed impervie
pareti della Cima Marsicce, e dove un tempo pascolavano
i bovini, oggi brucano indisturbati i camosci che hanno
popolato la zona. Aggirandoci tra i ruderi dell’alpeggio
notiamo che fra l’erba, da poco liberatasi dalla neve,
un
bell’esemplare di Marasso
si giova della bella giornata soleggiata per ricaricare
le batterie ma, sentendosi osservato, si sottrae alla
nostra vista, scivolando lestamente nella tana che lo
aveva ospitato per tutto l’inverno. Effettuiamo la sosta
per il pranzo e per la abituale
foto ricordo e ci godiamo lo spettacolo delle
cime che ci fanno da corona, a sinistra, il Cimone di
Cortechiuso, la Laurasca, le Strette del Casè ed il
Pedum, il Rifugio della Bocchetta
di Campo. Sulla destra si presenta lo scenario
dell’alta Val Pogallo circondata dalla catena che,
partendo dalla Bocchetta di Terza e passando per il
Torrione, la Cima delle Crocette, la Piota e la Zeda,
arriva fino alla Marona e al pianoro del Pian Cavallone.
La magia del luogo attenua le ferite della stanchezza
dovuta alla lunga salita e, riempito l’archivio della
memoria, oltre che la scheda SD della fotocamera, ci
prepariamo a scendere, ripercorrendo passo passo
l’itinerario di salita. L’unica variante che ci
concediamo è la deviazione per raggiungere
l’Alpe Brusà dove ammiriamo
la bella baita che, appassionati e volonterosi
frequentatori di questi dimenticati luoghi, stanno
ristrutturando, a loro vanno tutti i nostri complimenti.
Procediamo nella discesa e raggiungiamo di nuovo il
corte di Pogallo (h1,10;4,25) da cui
ripercorriamo la mulattiera che ci riporta a Cicogna
(h1,15;5,40), dove ci concediamo una
rinfrescante bibita prima
di intraprendere la discesa che ci riporta finalmente
verso casa. Bellissima escursione da effettuarsi ad
inizio primavera o tardo autunno, preferibilmente in
assenza di vegetazione. Il sentiero fino a Pogallo, per
essere un “sentiero natura” del Parco Valgrande, lo
abbiamo trovato molto sporco e spesso invaso da detriti
per cui raccomandiamo a chi lo volesse percorrere, la
massima prudenza. Ne sconsigliamo la percorrenza a
piccoli escursionisti.
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