ValGrande

Alpe Busarasca m. 1531

Partecipanti:
 Gita effettuata in data: 28-Aprile-2010                                                      

 Partenza da: Cicogna m. 732
 Dislivello totale: m. 1258
 Difficoltà: E
 Effettivo cammino h: 5,40

Come arrivarci: Raggiunta Verbania, si sale in direzione di Santino da cui si raggiunge la frazione di Rovegro; da qui si percorrono  ( trattenendo il respiro ) i restanti 8 Km, della tortuosa e disagevole strada asfaltata, che portano nella “ Piccola capitale della Val Grande ”.

Raggiunto il borgo di Cicogna, antica ”porta della Valgrande”, da secoli noto nel Verbano come ” l’ultim paés ch’l’à facc ul Signùr “ ( l’ultimo villaggio creato da Dio ) e parcheggiata l’auto nel posteggio antistante il circolo, ritorniamo al tornante all’ingresso del paese, dove imbocchiamo il visibile sentiero per Pogallo. Ci avviamo lungo la “ strada Sutermeister o dei boscaioli ”, la spettacolare mulattiera che correndo alta sul torrente, ci propone la visione di suggestivi e pittoreschi scorci panoramici in cui si alternano rumorose rapide a tranquille pozze. In continuo saliscendi superiamo numerose vallette, accompagnati dall’inquietante rumore delle acque che, nel loro antichissimo scorrere a valle, a tratti accarezzano e a tratti sferzano violentemente levigandoli, i massi che incontrano lungo il loro cammino. Superata una prima forra rocciosa e un ponte, risaliamo superando una seconda gola, un ultimo tratto nel bosco e raggiungiamo l’ampia radura su cui sorgono le baite di Pogallo m. 777 (h1,10). Il piccolo borgo nell’Ottocento si trasformò da alpeggio a vero e proprio paese, dotato di stazione dei Carabinieri, di servizio medico e di una scuola. La presenza di migliaia di boscaioli conferiva un’atmosfera da villaggio western: a quell’epoca risale il maestoso edificio che ospitava la sede dell’impresa che gestiva i lavori di disboscamento e le cui rovine sono ancora visibili. All’ingresso del corte una lapide ricorda l’eccidio dei 17 partigiani che il 18 Giugno 1944, nel corso di un grande rastrellamento, furono trucidati dai nazisti. A questo punto chiediamo a Flavio ( www.cappef.com ), che è già stato più volte a Busarasca, di farci da guida e,  prendendo il “comando delle operazioni”, ci dirige verso il margine inferiore dei prati di Pogallo. Scendiamo a destra, superando il ponte sul Rio Pogallino, che sovrasta uno spettacolare orrido, e seguiamo il sentiero verso Pian di Boit fino a che individuiamo, sulla sinistra, un piccolo ometto che indica una traccia di sentiero che sale ripidamente fra gli alni per pervenire ad una cresta da cui si gode di una bella panoramica su Pogallo. Continuiamo a seguire le tracce, confortati da bolli di sbiadita vernice rossa che, salendo sulla destra, entrano nel bosco per trasformarsi in un sentiero che raggiunge i ruderi dell’Alpe Color m. 1103 (h1,00;2,10). Continuiamo a risalire il boscoso costone e mantenendo “diligentemente”  la destra raggiungiamo una selletta da cui, con un percorso in costante ma continua salita, entriamo in uno stupefacente bosco di faggi che ci porta a passare al di sopra dell’Alpe Brusà m. 1310 (h0,30;2,40). Continuiamo nella salita, che piegando verso sinistra, si fa sempre più ripida e, , seguendo sempre gli evidenti segni di vernice rossa, proseguiamo nella faggeta che percorriamo interamente prima di raggiungere il dosso che scende dalla Cima Marsicce e sul quale, in posizione aperta e soleggiata, sorge l’Alpe Busarasca m. 1531 (h0,35;3,15). L’elemento che contraddistingue l’alpe è il grande stallone per i bovini, risalente alla seconda metà degli anni quaranta che, scoperchiato e ridotto a rudere, suscita un penoso senso di sconforto. Poco discosto dallo stallone, anche  la casera dell’alpe ha subito lo stesso destino e il tetto ha ceduto all’interno in cui sono ancora visibili alcuni attrezzi di uso comune. Gli inselvatichiti prati dell’alpe si estendono fino alle dirupate ed impervie pareti della Cima Marsicce, e dove  un tempo pascolavano i bovini, oggi brucano indisturbati i camosci che hanno popolato la zona. Aggirandoci tra i ruderi dell’alpeggio notiamo che fra l’erba, da poco liberatasi dalla neve, un bell’esemplare di Marasso si giova della bella giornata soleggiata per ricaricare le batterie ma, sentendosi osservato, si sottrae  alla nostra vista, scivolando lestamente nella tana che lo aveva ospitato per tutto l’inverno. Effettuiamo la sosta per il pranzo e per la abituale foto ricordo e ci godiamo lo spettacolo delle cime che ci fanno da corona, a sinistra, il Cimone di Cortechiuso, la Laurasca, le Strette del Casè ed il Pedum, il Rifugio della Bocchetta di Campo. Sulla destra si presenta lo scenario dell’alta Val Pogallo circondata dalla catena che, partendo dalla Bocchetta di Terza e passando per il Torrione, la Cima delle Crocette, la Piota e la Zeda, arriva fino alla Marona e al pianoro del Pian Cavallone. La magia del luogo attenua le ferite della stanchezza dovuta alla lunga salita e, riempito l’archivio della memoria, oltre che la scheda SD della fotocamera, ci prepariamo a scendere, ripercorrendo passo passo l’itinerario di salita. L’unica variante che ci concediamo è la deviazione per raggiungere l’Alpe Brusà dove ammiriamo la bella baita che, appassionati e volonterosi  frequentatori di questi dimenticati luoghi, stanno ristrutturando, a loro vanno tutti i nostri complimenti. Procediamo nella discesa e raggiungiamo di nuovo il corte di Pogallo (h1,10;4,25)  da cui ripercorriamo la mulattiera che ci riporta a Cicogna (h1,15;5,40), dove ci concediamo una rinfrescante bibita prima di intraprendere la discesa che ci riporta finalmente verso casa. Bellissima escursione da effettuarsi ad inizio primavera o tardo autunno, preferibilmente in assenza di vegetazione. Il sentiero fino a Pogallo, per essere un “sentiero natura” del Parco Valgrande, lo abbiamo trovato molto sporco e spesso invaso da detriti per cui raccomandiamo a chi lo volesse percorrere, la massima prudenza. Ne sconsigliamo la percorrenza a piccoli escursionisti.